Introduzione
Quando si tratta di rimborsare le spese sostenute dai dipendenti, spesso le imprese procedono ad una verifica contabile senza inserire i pagamenti in busta paga. Per farlo, preparano le cosiddette “note spese”.
La normativa spagnola
Sul trattamento di queste voci in busta paga esistono vedute divergenti. Se da un lato la normativa permette e in alcuni casi raccomanda di contabilizzare e includere in busta paga alcune tipologie di spese, nella realtà i regolamenti non obbligano né richiedono al datore di lavoro di includere in busta paga tutti i conferimenti non salariali.
Ecco le disposizioni che raccomandano di includere alcune categorie di spesa in busta paga:
- Nelle istruzioni fornite dalla Previdenza sociale per la compilazione della scheda CRA (retribuzioni corrisposte ai lavoratori ex art. 109.3 LGSS) si legge: “Spese di viaggio e soggiorno: tutte le spese di viaggio, di soggiorno o le diarie pagate dall’azienda le trasferte dei lavoratori che debbano svolgere il proprio lavoro in un luogo diverso da quello abituale devono essere comunicate nella scheda CRA, indipendentemente dalla formula utilizzata per il pagamento (pagamento anticipato da parte del dipendente e successivo rimborso da parte dell’azienda, pagamento diretto dell’impresa, gestione mediante agenzia di viaggi dell’impresa ecc.)”.
- Nell’Ordinanza Ministeriale del 27 dicembre 1994, recentemente modificata dall’Ordinanza ESS/2098/2014, si raccomanda di includere nelle buste paga dei dipendenti anche le componenti extra-salariali, tra cui gli indennizzi, le spese di viaggio e le diarie, a prescindere dalla tipologia di pagamento (diretta o indiretta).
La prassi adottate dalle aziende 
Vista la complessità insita nel dover includere tutte le spese di viaggio (chilometraggio, alberghi, voli ecc.), le diarie o le spese d’ufficio nelle buste paga, la prassi più usata dai datori di lavoro, tenendo conto che i regolamenti non configurano alcun obbligo in tal senso ma si limitano a fornire raccomandazioni, è di giustificare correttamente le spese emettendo fattura a favore dell’azienda (conformemente a tutti i requisiti legali), sia per le spese pagate direttamente dall’azienda che per quelle rispetto alle quali il dipendente agisce in veste di intermediario (richiedendo un anticipo o un rimborso per recuperare le spese).
Pertanto, la prassi più in uso è di non includere queste voci nelle buste paga dei dipendenti.
D’altra parte, è importante differenziare queste voci anche a livello contabile e non incorrere nella duplicazione dei costi. Le spese vanno contabilizzate in base alla loro tipologia.
Non includere le spese nelle buste paga comporta vari vantaggi per l’impresa:
A – Differenza tra salario e componenti non salariali
La differenza tra il salario e i pagamenti non salariali sta nel fatto che il salario retribuisce il lavoro svolto dal dipendente, mentre i pagamenti non salariali coprono le spese che il lavoratore deve sostenere nello svolgimento del suo lavoro.
Nello specifico, si considerano pagamenti extra-salariali quelle somme ricevute dal dipendente a compensazione delle spese che deve sostenere nello svolgimento del suo lavoro. In particolare, la sezione 2 dell’articolo 26 dello Statuto dei lavoratori elenca varie voci di pagamento extra-salariale nelle quali rientrano i rimborsi o le indennità per le spese sostenute sul lavoro, le indennità di soggiorno, le spese di viaggio, gli abiti da lavoro, l’uso di un veicolo o di un telefono cellulare.
ATTENZIONE
Se un Ispettore del Lavoro chiede di vedere le buste paga e queste contengono le spese rimborsate, l’impresa dovrà dimostrare in maniera dettagliata che si tratta di voci non salariali. Viceversa, quando le spese sono registrate nella contabilità dell’azienda, è molto più difficile per l’Ispettorato del Lavoro appurare se si tratta di voci salariali o non salariali.
B – Nessun aumento di stipendio in caso di indennità di licenziamento
Dal punto di vista del dipendente, le considerazioni da fare sono duplici. Qualora nel corso di un’ispezione l’Agenzia delle Entrate chieda a un dipendente di giustificare il proprio reddito e questi fornisca come attestazione le sue buste paga, il dipendente potrebbe trovarsi nella posizione di dover dimostrare al fisco che le spese non rappresentano il suo stipendio, pur non avendo con sé i documenti giustificativi.
D’altro canto, queste spese extra-salariali non concorrono al calcolo dell’indennità di licenziamento o di cessazione del contratto (ai cui fini conta solo il salario). Pertanto, è di vitale importanza che i due concetti non vengano confusi perché se le spese vengono incluse nella busta paga dei dipendenti, il salario potrebbe apparire più elevato di quanto non sia realmente, facendo aumentare anche l’indennità in caso di licenziamento. In tal caso bisognerebbe andare davanti a un giudice per appurare la realtà entità del salario in base al quale calcolare l’indennità, e spetterebbe all’azienda giustificare le voci e gli importi inclusi in busta paga che non costituiscono componenti salariali.
CONCLUSIONE 
Tutto considerato, per le aziende è preferibile preparare le note spese utilizzando un buon programma di contabilità invece di inserire le spese in busta paga. In fin dei conti, sono spese dell’impresa e non una maggiorazione dello stipendio dei dipendenti. Pertanto, contabilizzarle a livello aziendale è fondamentale mentre non lo è inserirle in busta paga, dato che è possibile giustificare i pagamenti ai dipendenti e la natura degli stessi attraverso la contabilità, così che la busta paga attesti il salario percepito per il lavoro svolto e non le spese sostenute per conto della società.
Ma soprattutto, non inserire le note spese in busta paga tutela la azienda da eventuali contestazioni da parte dell’Ispettore del lavoro, o dello stesso lavoratore dipendente in caso di licenziamento
Per qualsiasi chiarimento, non esitate a mettervi in contatto con il team Lawants.